Categoria: scuola

  • Cosa ci si deve attendere dallo psicologo a scuola?

    Da diverse settimane si fa un gran parlare del ruolo dello psicologo nella scuola. Prima di tutto è importante sottolineare come l’Italia sia l’unico Paese in Europa a non prevedere nel sistema scolastico la figura professionale dello psicologo d’istituto nonostante episodi come attacchi d’ansia e autolesionismo siano sempre più segnalati tra gli adolescenti e in generale le richieste d’aiuto ricevute dalle neuropsichiatrie infantili siano esponenzialmente aumentate negli ultimi anni. Fatti di cronaca come l’aggressione subita dall’insegnante dell’istituto Alessandrini di Abbiategrasso costringono le istituzioni a rapide risposte per cui il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, dopo aver espresso la sua solidarietà alla professoressa ferita, ha dichiarato che è necessario “riflettere sull’introduzione dello psicologo a scuola”. Attualmente gli psicologi scolastici hanno contratti della durata di un anno, si susseguono, costringendo le scuole a continui turnover e impedendo ai professionisti di lavorare per un lungo periodo all’interno dello stesso contesto.

    Recentemente è stata avanzata una proposta di legge che prevede di rendere stabile la figura dello psicologo di istituto all’interno del sistema scolastico italiano ma se ciò diventasse (finalmente) realtà cosa è lecito attendersi? La scuola è un contenitore in cui i ragazzi portano tutto di se stessi, problemi, bisogni e complessità. In relazione a questo la scuola diventa un luogo focale anche per la crescita psicologica, naturalmente affiancandosi alla famiglia. Bisogna usare la psicologia nella scuola per aiutare i ragazzi ad acquisire competenze per la vita (“life skills”) ma i docenti spesso sono colti in contropiede nel rispondere a queste esigenze non avendo ne gli strumenti ne la necessaria formazione. Allora allo psicologo scolastico possiamo chiedere questo; aiutare la scuola a gestire le relazioni, a promuovere la crescita psicologica dei ragazzi, aiutare i docenti a comprendere chi hanno di fronte. Non possiamo e non dobbiamo attenderci un’intervento clinico, fornire diagnosi e stabilire un piano di intervento terapeutico non dovrebbero essere compiti dello psicologo scolastico.

    I processi psicologici in atto quotidianamente nell’ambiente scolastico hanno bisogno delle competenze specifiche di uno psicologo per essere intercettati e letti correttamente. Lo psicologo scolastico non sostituisce i servizi sanitari con cui si interfaccia ma è un professionista che ascolta e risolve situazioni prima che divengano patologia. Non sostituisce i docenti ma li aiuta e li sostiene nel loro ruolo. Questi sono compiti che dobbiamo promuovere e che sono l’ossatura di un intervento davvero efficace dello psicologo scolastico.

  • Per l’86% degli italiani lo psicologo a scuola è necessario

    Il benessere psicologico sta diventando una richiesta/necessità sempre più definita. Attraverso i risultati di una indagine promossa dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi questo bisogno trova una chiara traduzione nei numeri ma pone anche alcuni interrogativi su come la figura dello psicologo sia percepita dalla popolazione.

    Un italiano su dieci vorrebbe andare dallo psicologo, ma spesso rinuncia per motivi economici. Quasi uno su cinque (17%) si è rivolto alle cure di un esperto, una percentuale che rimane abbastanza simile tra uomini (16%) e donne (18%), ma che aumenta sensibilmente (25%) nella fascia di popolazione più giovane, quella dai 18 ai 35 anni. Si tratta di un dato che si riflette anche sul numero di psicologi e psichiatri in relazione alla popolazione che vede l’Italia a “centro classifica” con circa 18 professionisti del settore ogni 100000 abitanti.

    L’86% vorrebbe l’introduzione della figura dello psicologo a scuola e di recente il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, annunciando l’arrivo nelle scuole superiori di tutor formati con 20 ore di lezioni in psicologia e pedagogia per dare sostegno agli studenti, ha detto che “si sta discutendo della possibilità di introdurre lo psicologo nelle scuole”.

    Ben l’89% ritiene che l’assistenza psicologica sia un diritto pubblico che deve essere accessibile a tutti gratuitamente attraverso il SSN. Circa il 50% degli intervistati si rivolgerebbe volentieri ad un esperto di fronte a problemi di natura psicologica ma una percentuale elevata, circa il 40%, ritiene di poterne prima parlare con persone care. La pandemia ha naturalmente inciso e per il 58% ha cambiato il rapporto delle persone con i problemi psicologici: si è più propensi a chiedere aiuto (26%), si parla più facilmente dei problemi psicologici per il 20%, con meno vergogna (20%) e si affrontano più apertamente (18%). Rispetto a un anno fa, però, il benessere psicologico è sensibilmente peggiorato (-15%), in egual misura tra uomini e donne, ma soprattutto nella fascia più produttiva sul lavoro, quella 35-54 anni (-23%). Tra le principali fonti di stress: la condizione economica (24%), la salute fisica (14%), l’aumento dei prezzi (13%), la situazione lavorativa (13%), l’organizzazione famiglia-lavoro (9%).