Troppo intelligenti per essere felici

Ci sono situazioni in cui essere “troppo” intelligenti ha davvero più costi che benefici. Strano a dirsi ma è proprio così; dalla scuola, alla famiglia fino alle relazioni affettive, le persone dotate di una intelligenza superiore spesso si scoprono… “stupide”. Pochi anni fa la psicologa Jeanne Siaud-Facchin ha pubblicato un libro dal titolo “Troppo intelligenti per essere felici” e da quelle pagine ha proposto un uso aggiornato del termine plusdotazione ovvero un tipo di intelligenza non tanto quantitativamente maggiore, quanto qualitativamente differente da quello della maggior parte delle persone. Questa intelligenza non è qualcosa di cui né vantarsi né rallegrarsi, anzi, potrebbe pure essere portatrice di qualche guaio. La plusdotazione, che andrebbe “scoperta” nell’infanzia più che nell’età adulta (ma solo oggi ci sono in Italia strutture che si occupano di questo 3-5% della popolazione) si caratterizza, per esempio, con una fortissima emotività, con affettività preponderante che va di pari passo alle abilità cognitivecome se cervello e cuore fossero due stanze comunicanti, dove i rumori dell’una sono udibili all’altra tanto da condizionarsi a vicenda. Emotività, iper sensibilità e una fortissima empatia, con conseguente intolleranza verso qualunque tipo di ingiustizia (che si vive come se fosse inflitta a noi stessi) sono caratteristiche tipiche dei plusdotati, che dette così possono sembrare innocue o quasi, ma che, al contrario, sono il più delle volte causa di grandi sofferenze. La Siaud-Facchin sostiene che l’ipersensibilità gioca un ruolo chiave nella personalità del plusdotato. Abbiamo infatti a che fare con una vera e propria spugna, che in qualsiasi momento assorbe persino la più piccola particella emozionale sospesa nell’aria. La plusdotazione regala un’intelligenza che cambia il modo di percepire, comprendere e analizzare il mondo. La dimensione affettiva è una componente essenziale della personalità di questi esseri così particolari. Al punto che forse, in fin dei conti, i plusdotati pensano più con il cuore, che con la testa

Quando parliamo di bambini i cosiddetti “gifted child” sono quei bambini con un QI superiore alla media (tra 100 e 125/130) attivi, attraenti, con buone capacità verbali. Imparano a leggere e scrivere facilmente intorno ai 7 anni e talvolta vengono addirittura considerati “dotati” dai loro insegnanti mentre sono solo bravi studenti, dediti e socievoli. Il rovescio della medaglia è che spesso, il bambino dotato (QI compreso tra 125/130 e 160) è spesso un bambino difficile che ha affrontato problemi di integrazione a scuola, cerca di evitare di farsi notare per paura di essere percepito come troppo brillante. Consapevole della propria diversità, cerca di nasconderla, non ama imparare nulla a memoria e manca di metodo o capacità organizzative, tuttavia riesce a parlare all’infinito di argomenti che lo appassionano e spesso cambia il focus dei suoi interessi. Le sue capacità motorie solitamente non sono in linea con il suo sviluppo intellettuale; la calligrafia è un problema, così come lo sono le attività sportive o manuali. I suoi risultati scolastici sono tutt’altro che soddisfacenti. Le sue pagelle dicono che “potrebbe fare di meglio”.

Diventa sempre più rilevante poter individuare presto i bambini particolarmente dotati; i test proposti da Binet misurano l’età mentale del bambino rispetto alla sua età effettiva (in anni di vita). Un bambino dotato mostra un’età mentale compresa tra 2 e 8 anni oltre l’età “cronologica”. Un bambino di 8 anni con un QI molto alto potrebbe avere l’età mentale di un sedicenne.
Attualmente i test più utilizzati sono quelli di Wechsler che consentono un confronto statistico. Il QI non viene più paragonato all’età cronologica ma viene misurato statisticamente ad un “QI standard” che definisce il rango del bambino rispetto ai bambini della sua età. Il QI non è più molto importante, ciò che conta è il rango, cioè il numero di individui nel gruppo di riferimento con un QI identico all’individuo testato. I test di Wechler misurano il QI fino a 160, alcuni test statunitensi vanno anche oltre. A titolo informativo, 1 persona su 31.000 ha un QI superiore a 160.

Oltre questi strumenti comunque è importante sottolineare come non tutti i bambini dotati sono i migliori della loro classe. Tuttavia, tra i migliori alunni ci sono, naturalmente, anche molti studenti dotati, soprattutto tra le ragazze. I bambini dotati con difficoltà vengono identificati più frequentemente ed è della massima importanza che ricevano assistenza affinché possano sfruttare al meglio il loro potenziale e integrarsi nella nostra società. Ma anche i bambini dotati senza problemi apparenti hanno esigenze diverse. È fondamentale che questi bisogni vengano soddisfatti, per favorire lo sviluppo psico-affettivo e prevenire i fallimenti molto frequenti nell’adolescenza.

È importante che il bambino venga individuato attraverso test psicometrici e poi riconosciuto e accettato per quello che è. Poiché si sente diverso, il bambino dotato perde facilmente la fiducia in se stesso. È anche una buona idea non considerare che le sue competenze siano normali (a causa del suo alto QI), ma congratularsi con lei/lui e lodarla/o come facciamo con gli altri bambini quando ottengono buoni risultati. Questi bambini sensibili hanno bisogno di sentirsi incoraggiati e sostenuti dalle loro famiglie e dagli insegnanti, come tutti gli altri bambini. La differenza sta nel fatto che il bambino dotato, considerato molto intelligente, può essere più facilmente lasciato a se stesso; gli adulti concentreranno naturalmente la loro attenzione sui bambini con difficoltà di apprendimento.