L’autismo come antidoto al bystander effect

Con il termine bystander effect (effetto spettatore) in psicologia si fa riferimento a qualcosa che con buone probabilità ci ha visti protagonisti non proprio esemplari. Questo effetto indica come gli individui mostrino una minor propensione ad intervenire in situazioni avverse quando altre persone assistono alla medesima scena. Possiamo sprecarci in esempi, anche tratti dalla cronaca recente. Apparentemente però le persone con autismo non si conformano a questa norma. Sono più inclini ad agire di fronte a comportamenti illeciti, il che indica i potenziali benefici che le organizzazioni potrebbero trarre dall’assunzione di individui neurodivergenti. Una interessante serie di studi sta sfidando la convinzione che una mentalità deficitaria sia comunemente associata all’autismo e sottolinea i punti di forza che questi individui apportano ai contesti sociali, soprattutto sul posto di lavoro.

In particolare una ricerca condotta dall’Università di York mostra che le persone con autismo hanno meno probabilità di essere colpite da questo contagio sociale rispetto alle persone neurotipiche. In altri termini questi individui hanno meno probabilità di rimanere in silenzio di fronte a comportamenti gravemente scorretti o anche solo a errori quotidiani, sottolineando gli aspetti positivi dell’autismo e come le organizzazioni possano trarre vantaggio dall’assumere più persone neurodivergenti.

Nella ricerca infatti si è visto come i dipendenti con autismo erano molto più propensi a intervenire di fronte a situazioni tipiche, indipendentemente dal numero di persone presenti. E nelle situazioni in cui non intervenivano, erano più propensi a identificare l’influenza degli altri come motivo, mentre i dipendenti neurotipici erano più riluttanti a riconoscerlo.

Gli autori sottolineano come una delle motivazioni del loro studio è che gran parte della letteratura attuale sull’autismo deriva da una mentalità deficitaria. Fondamentalmente sta dicendo che queste differenze nell’autismo sono in un certo senso esclusivamente negative. L’intento era quello di riformulare la situazione e domandarsi se e in quali modi alcune di queste differenze tra neurodivergenti e neurotonici potrebbero effettivamente essere un vantaggio piuttosto che semplicemente un aspetto negativo. Non a caso una delle aree principali che le persone tendono a considerare un deficit nell’autismo è in termini di interazione sociale.

Lo studio è stato pubblicato questa settimana sulla rivista Autism Research. Ai partecipanti alla ricerca – individui occupati, 33 con autismo e 34 neurotipici – è stato chiesto di valutare ipotetici scenari che coinvolgevano qualsiasi cosa, dalle inefficienze alle disuguaglianze alle preoccupazioni sulla qualità. Sebbene i risultati siano preliminari e siano necessarie ulteriori ricerche, i ricercatori affermano che il loro lavoro ha importanti implicazioni pratiche, soprattutto considerando che i tassi di disoccupazione e sottoccupazione per le persone con autismo possono raggiungere il 90%, e anche se hanno un’istruzione superiore , questa statistica scende solo al 70%.